La boxe in lutto per la scomparsa di Germano Valsecchi

Per onorare la scomparsa di Germano Valsecchi riproponiamo un articolo di Boxe Ring

GERMANO VALSECCHI, UN “BERGAMASCO” SUL TETTO D’EUROPA

di Gianni Virgadaula

Germano Valsecchi è stato sempre un ragazzo intelligente, con la testa sulle spalle. Ha studiato da ragioniere perché sapeva che non si può vivere tutta una vita di sport, e questo suo pragmatismo gli ha consentito di avere una esistenza tranquilla dopo gli anni della boxe. Già, perché Valsecchi, è stato un pugile professionista capace di conquistare il titolo europeo dei pesi medi, in un periodo storico in cui a livello mondiale c’erano in circolazione uomini come Carlos Monzon, Rodrigo Valdez, Alan Minter, Vito Antuofermo e Benne Briscoe solo per fare alcuni nomi.

Nato a Civitade al Piano in provincia di Bergamo, l’8 agosto del 1948, pur essendo in seguito divenuto “milanese d’azione” per avere svolto buonissima parte della sua carriera sui ring di quella città, comunque Germano è rimasto legato alla sua Bergamo,  che in questo terribile periodo del Coronavirus è stata la cittadina d’Italia più aggredita e funestata dal flagello, che pur tuttavia non è bastato a mettere in ginocchio l’orgoglio e la forza dei bergamaschi.

Dopo una militanza fra i dilettanti, senza lode e senza infamia, Valsecchi esordì nel pugilato professionistico il 2 maggio del 1970 battendo per KO alla terza ripresa a Milano Cosimo Oggiano, cui fecero seguito altre 16 vittorie di fila, quasi tutte ottenute prima del limite. Un ruolino di marcia che subito evidenziò le qualità di Germano, dotato di buona potenza di pugno, ma anche di un non trascurabile bagaglio tecnico. Così, con queste credenziali, il 9 novembre del ’72 incontrò a Milano il domenicano Luis Vinales. Doveva essere il match della sua consacrazione, quello che avrebbe dovuto schiudergli importanti traguardi, invece, clamorosamente, Vinales lo mise KO al 5° round. Una battuta d’arresto, che in un attimo sembrò distruggere le ambizioni del lombardo, sebbene forse venne sottovalutata l’esperienza del pugile domenicano, che appena un anno dopo avrebbe addirittura sconfitto ai punti Benny Briscoe; il fortissimo picchiatore capace di fare tremare Carlos Monzon al Luna Park di Buenos Aires, nella sfida mondiale che l’11 novembre del ‘72 vide sconfitto l’americano ai punti dopo 15 riprese. In ogni caso, nonostante la brutta battuta d’arresto, Valsecchi seppe presto riprendere la via della vittoria. Il suo rientro avvenne a Milano il 19 gennaio del 1973 con una vittoria per su William Poitrimol, cui seguirono altri 14 successi consecutivi. Una escalation di convincenti affermazioni che giustificarono la opportunità di incontrare nuovamente Vinales per combattere una rivincita da troppi molto attesa. Il match si svolse sempre a Milano il 17 gennaio del 1975, e di fronte allo scorbutico avversario stavolta Valsecchi utilizzò la giusta strategia, evitando la bagarre e lo scontro fisico. Così, grazie alla sua migliore tecnica ottenne un convincente successo ai punti. A quel punto, Germano sembrava pronto per cogliere quei traguardi che tutti pensavano fossero alla sua portata, ma quello si rivelò invece il momento più buio della sua carriera. Egli infatti rimediò, sempre nella città della “Madunnina”, ben tre sconfitte consecutive. Il 4 aprile del ’75 venne battuto in 8 riprese dal marocchino naturalizzato spagnolo Mimoun Mohatar e nella rivincita, combattutasi appena 15 giorni dopo, sempre a Milano, non cambiò il risultato. Mohatar si impose ancora ai punti. Ancora, il 6 giugno del 1975 altra doccia fredda per Germano che fu fermato in 7 riprese da Damiano Lassandro. Un pari con il modesto Gerard Nosley, e una nuova sconfitta ai punti conseguita il 19 dicembre contro Giuseppe Borghi, chiusero quell’infausto 1975, e molti pensarono che la carriera del peso medio lombardo potesse ormai considerarsi finita. Ma il 23 gennaio del ’76 Valsecchi era nuovamente sul ring per iniziare quella che per lui si sarebbe rilevata la seconda e più brillante parte della carriera. Iniziò con lo sconfiggere Walter Guernieri, poi di seguito ottenne tre vittorie prima del limite, la più importante delle quali ottenuta a Milano l’11 giugno del ’76 contro il forte francese Jean-Claude Warusfel. Quest’ultimo successo gli consentì di ottenere una sfida con il campione d’Europa dei pesi medi, il tarquinese Angelo Jacopucci, chiamato dai suoi tifosi il “Clay dei poveri” o anche “l’angelo biondo”. Il combattimento si tenne il 1° ottobre del ’76 in quella Milano dove pure Jacopucci aveva un buon seguito, avendo vinto in quella importante “arena” prima il titolo italiano della categoria e poi quello europeo, battendo l’inglese Bunny Sterling.

Stavolta la sfida era dunque tutta italiana, ma in verità i due pugili fisicamente molto simili, diedero vita ad un combattimento non entusiasmante e molto equilibrato. Jacopucci  provò ad “ammansire” di fioretto il più aggressivo avversario, ma Valsecchi alla fine delle 15 riprese ottenne meritatamente il verdetto. Poi, appena un mese dopo, esattamente il 19 novembre, il nuovo campione d’Europa andò a difendere il  titolo in Danimarca, a Randers,  laddove con grande autorevolezza distrusse in 7 riprese l’idolo locale Poul Knudsen.  Ma il 4 febbraio del 1977, improvvisa ma forse non del tutto  inaspettata, la carriera pugilistica di Valsecchi trovò il suo epilogo al Palasport di Milano, di fronte ad un challenger forte e spietato come Alan Minter, l’uomo che il 19 luglio 1978 a Bellaria con i suoi pugni avrebbe causato la morte di Angelo Jacopucci, e poi spodestato a Las Vegas Vito Antuofermo del titolo mondiale dei medi.

Di fronte adun avversario di questo calibro, Valsecchi non si tirò indietro. Fece orgogliosamente la sua parte ma i pugni pesanti dell’inglese lo demolirono impietosamente. Il KO, inevitabile, arrivò al 5° round.  Il lombardo lasciava l’europeo nelle mani di un vero campione, e nulla poté rimproverarsi.

La carriera di Valsecchi avrebbe poi avuto una residua appendice con un poco edificante No Contest venuto fuori da un incontro con Roberto Benacquista, e poi con una ultima affermazione al Palasport di Milano, ottenuta il 26 dicembre del ’77 per KO contro Trento Facciocchi.  Un modo per congedarsi dai suoi tifosi così come li aveva abituati nei giorni di maggiore gloria, cioè levando le braccia al cielo dopo una vittoria.

Appesi i guantoni al chiodo, Valsecchi non ha mai lasciato il pugilato facendo l’istruttore,  e lavorando come ragioniere in una banca presso la Cassa di Risparmio di Parma-Piacenza, circondato dall’affetto della moglie Ernesta e dalla figlia Valeria, che nutre anche la passione per la musica e suona il pianoforte. D’altronde, pure l’ex-campione ha i suoi hobby, ama andare a pescare, e si diletta nel leggere Neruda, Maupassant ed altri importanti scrittori. Ma nella storia personale di Valsecchi commuove anche un aneddoto che lui ama spesso raccontare, e cioè quando dovette mentire a papà Mario, gravemente ammalato, dicendogli poco prima che morisse di avere conquistato il titolo europeo dei pesi medi. L’uomo se ne andò felice, ma Germano non venne meno alla parola. Quattro mesi dopo divenne effettivamente campione d’Europa battendo Jacopucci, assolvendo così ad un impegno che prima ancora che con se stesso, aveva preso con il suo caro papà. E queste sono le vere belle storie del pugilato. Questa la integrità morale dei suoi campioni. Questo il motivo perché la boxe è chiamata “Noble Art”.